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Castell'Arquato-Cenni storici |
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BREVI CENNI STORICI Questa pittoresca borgata, che sorge sulla sinistra del torrente Arda, aggrappata su di una amena collina delle ultime propaggini dell'Appennino verso la pianura padana, ha origini assai remote. La sua singolare posizione geografica ha reso la località un efficace baluardo di offesa e di difesa naturale per la intera vallata che ha subito non pochi assalti bellici durante il suo lungo passato. Ebbe forse anche una vita preistorica come remoto villaggio dei primitivi popoli liguri, per quanto finora non se ne siano trovate tracce. Si vuole però che nel II secolo prima di Cr., già un cavaliere romano, certo Caio Torquato, ne avesse preso possesso ponendovi un fortilizio e dando origine cosí alla denominazione del luogo chiamato « Castel Torquato » il che avrebbe generato poi, per mutazione fonica, l'attuale « Castell'Arquato ». Altri però, piúù logicamente, deriverebbero la denominazione dalla struttura quadrata del Castello ivi esistente, cosicché dalla indicazione di « Castel Quadrato », ne sarebbe derivato l'odierno « Castell'Arquato ». Comunque le cronache piacentine fanno cenno della sua esistenza fin dal 566: nel 772 la località viene donata al Vescovo di Piacenza da certo Magno, che ne era padrone e signore, con l'onere di fornire alla chiesa, già allora esistente, l'olio benedetto del giovedí santo. Rimasero a lungo signori della località i Vescovi di Piacenza, finché, sorto il Comune, il Vescovo Vicedomino ne vende il possesso alla Comunità nell'anno 1220. Dopo un cinquantennio di libertà politica, il borgo cade nelle mani del Capitano del Popolo Alberto Scoto e, vinto questi da Gian Galeazzo Visconti, passa alla Signoria Viscontea che lo tiene in alternanza con il Comune di Piacenza, Manfredo Landi, Bartolomeo Borromei e Ottone Terzi. Della Signoria dei Visconti Filippo Maria è l'ultimo dominatore; gli subentrano gli Sforza. Alla morte del Duca Francesco, avvenuta nel 1466, la moglie Bianca infeuda in Castell'Arquato il cognato Bosio Sforza degli Attendolo, Conte di Cotignola a di Santa Fiora. La storia del borgo, dal secolo XV sino alla Unità d'Italia, vede così alternarsi il dominio degli Sforza di Milano, degli Sforza di Santa Fiora, che ebbero a porre Castell'Arquato sotto la giurisdizione della Casa ducale Farnesiana, e infine della Camera ducale parmense, attraverso un susseguirsi di vicende politiche e militari delle quali furono protagonisti insigni Capitani d'arme; tra questi sono da ricordare Niccolò Piccinino, il Bracceschi, Bartolomeo Colleoni, Tiberto Brandolino da Forlí e Sforza Sforza, del quale si conserva, in !uogo, nel piccolo Museo della Collegiata, il monumento sepolcrale e che fu valoroso uomo darmi, insignito de! Toson d'oro alla Corte di Francia. Gli succede il Cardinal Francesco, quindi Alessandro duca di Segni, Sforza duca di Santa Fiora, Mario. Lodovico, Francesco Sforza. Nel secolo XVIII, con la morte di Eleonora, Castell'Arquato passa alla Camera ducale parmense, sotto la quale rimane fino all'Unità d'Italia.
Lungo Viale della Rimembranza vi sono anche alcune fonti di acqua salutare e solforata. Particolarmente interessante però, è la Piazzetta alta della Rocca, riquadrata da una suggestiva Basilica romanica, dalla turrita Rocca con l'imponente massiccio torrione principale che si eleva maestoso sulle diroccate mura intorno, evidente testimonianza delle dure e continue lotte subite; con il Palazzo del Podestà che assomma l'opera di due secoli, il cui corpo principale risale al sec. XIII e la cui scala esterna e gli avancorpi aggiunti sono dei secolo successivo. Si arriva alla Piazzetta della Rocca, dalla strada principale, rotabile, passando da un portale seicentesco, adattato su di una antica porta dai bordo fortificato. La strada s'inerpica tortuosa, stagliando vicoletti che attestano la loro fisionomia medioevale. A circa metà salita, uno spiazzo offre una suggestiva nota romantica con il Castello Stradivari, che sormonta la strada e dà il passo attraverso un portale a pieno sesto. Più oltre, all'ultima svolta, a destra, si trova la casa natale del poeta e librettista Luigi Illica. Altra pittoresca stradetta lastricata e solo pedonale, a levante, conduce all'alto borgo, affiancandosi e inerpicandosi lungo il piccolo parco. Sulla destra si eleva imponente il curioso Torrione Farnesiano e, un poco più nell'interno, si trova il quattrocentesco palazzotto del Duca, con eleganti fregiature in cotto intorno alle finestre, e, sotto un grande arcone, la Fontana del Duca a bocche multiple.
Sul lato occidentale, con appoggio sulla laterale absidiola di sinistra, si eleva la quadrata e salda torre, la cui costruzione risale al secolo XIV, epoca in cui Luchino Visconti, per la sicurezza della Rocca, ordinò la demolizione della originaria Torre esistente sul lato orientale della Collegiata, in prossimità della Rocca stessa. II fianco, a levante, è nascosto da diverse case addossate al tempio e costituenti, in parte, gli edifici della Collegiata. Per altro è di rimarco la graziosa loggetta di S. Giovanni, opera del sec. XIV e che dà accesso alla basilica dal lato est. L'interno è costituito da tre navate, con sette robuste colonne per parte, costruite con masselli di arenaria del luogo e sormontate da curiosi e interessanti capitelli a dardo, con fregi e grottesche figure scolpite ad arabeschi di sapore bizantino. Affiancata alla navata di destra, si trova la caratteristica cappelletta di fattura assai remota, con ivi collocata la grande vasca circolare scavata rudimentalmente in un solo blocco di tufo, del diametro di 2 m. Serviva per il battesimo per immersione e certamente apparteneva alla primitiva chiesa del sec. VII. Alle pareti affiorano alcuni affreschi, tra i quali la rarissima figurazione della « Trinità » rappresentata dalle tre figure di Cristo, affiancate.
IL PALAZZO DEL PODESTA' Sul lato di ponente, chiude la Piazzetta della Rocca il Palazzo del Podestà, mastio rettangolare con la curiosa torre pentagona. Venne costruito sotto il podestà Pietro De' Spettini al tempo del feudo di Alberto Scoto e precisamente nell'anno 1293. La salda costruzione è dotata, al primo piano, d'un ampio salone, che conserva ancora un soffitto autentico con decorazioni dell'epoca, e che attualmente serve come sala Consiliare del Comune. Una lapide, in detto salone, ricorda il dominio del Capitano Alberto Scoto. Al secondo piano, un altro vasto locale serve da Archivio del Comune. Si aggiungono a questa costruzione principale tre avancorpi: quello piú caratteristico è la doppia loggia addossata a sud-ovest, avanti all'aula dell'antica sala dove si esercitava la giustizia. Questa parte, che porta ancora lo stemma visconteo, risale a qualche anno precedente al 1447. Le altre aggiunte, verso la parte frontale est, sono costituite dalla scala esterna coperta e da altri avancorpi, di cui il maggiore con loggiato superiore. I fregi in cotto intorno alle finestre a sesto acuto sono del tardo trecento. Comunque il complesso di questo edificio costituisce un insieme assai suggestivo e attesta la potenza medioevale della comunità. Sul fronte dell'avancorpo centrale era stata affrescata la truce scena del Costerbosa, traditore del Cardinale Sforza, condannato a morire con la testa in giú e la cui sorella Laura ottenne poi di far cancellare la orrenda scena, sostituendola pietosamente con un nuovo affresco raffigurante il Crocifisso tra la Madonna e la Maddalena. Nell'insieme, la costruzione, legata in rapporto dinamico con la parte absidale della Basilica, presenta effetti scenografici rilevanti. LA ROCCA VISCONTEA Di fronte al Palazzo del Podestà, a levante della piazzetta, si innalzano le torri della diroccata Rocca Viscontea. Venne costruita nel 1343 dal Comune di Piacenza, quasi certamente sulle fondamenta di un altro fortilizio preesistente e forse sulla traccia del romano << castrum », diroccato da scontri bellici e dal famoso terremoto del 1117. La Rocca si eleva imponente, a strapiombo sul torrente Arda, e costituisce un baluardo bellico dì particolare interesse. La storia di questo maniero richiama i nomi famosi di Alberto Scoto, di Galeazzo e Luchino Visconti, di Niccolò Piccinino, di Rosso da S. Secondo, di Bosio Sforza e di altri valorosi capitani che fecero di questa fortificazione il punto saldo della loro potenza. Luchino Visconti nel 1347 vi fa elevare alto, massiccio, maestoso il dongione, che ancora si è conservato. La Rocca era circondata da tre parti da un profondo fossato, scavalcato da tre ponti levatoi dei quali il principale, verso la piazza, lascia qualche traccia, con le incavature delle catene di sollevamento e con il portale di accesso. La parte interna, purtroppo, è quasi completamente rovinata. Rimangono ancora tracce di salde volte, di ripiani adattati alla sottostante configurazione della roccia; ma è difficile poterne immaginare la precisa struttura, che per altro doveva essere assai interessante, specialmente per la sua esclusiva funzione di baluardo bellico. La Rocca era collegata con le mura che recingevano tutto attorno il borgo. Negli ultimi tempi sono stati eseguiti lavori di restauro al complesso ed è stato ripristinato il fossato primitivo con il ponte levatoio. IL PALAZZO DUCALE Nella parte più bassa di Castell'Arquato, si trova il Palazzo dei Duchi, purtroppo assai manomesso. Le parti antiche rimaste attestano tre epoche distinte. La parte centrale costituiva il Palazzo di Giustizia edificato da Alberto Scoto nel 1292; la parte soprastante la fontana è opera dei primi Sforza; il resto, segna tempi posteriori. A levante si affonda il « Fontanone dei Duca » sotto un grande arco a tutto sesto. con diverse cannelle per getto d'acqua. La costruzione risale all'epoca del Podestà Tedizio De Spettini e precisamente al 1292, come testimoniano una iscrizione e gli stemmi. Su questo fronte si ammirano alcune finestre a sesto acuto dalle eleganti decorazioni in cotto. Opportuni restauri potrebbero ridonare dignità almeno esterna a questo storico edificio che.certamente era sormontato anche da merlature. IL TORRIONE FARNESIANO Poco discosto si eleva imponente la costruzione bizzarra di un grande torrione quadrato a pareti concave. Doveva certamente servire da magazzino di vettovaglie durante il dominio farnesiano. La sua costruzione si aggira sulla fine del 1500. Il torrione era collegato da un passaggio diretto con il Palazzo del Duca. La curiosa e ardita costruzione, che indubbbiamente aveva anche funzioni di fortilizio di difesa, costituisce un tipico esempio architettonico pre-seicentesco. Non manca di arditezza e di slancio; attraverso le singolari incavature terminate a pieno sesto nelle pareti esterne e pure nella semplicità delle linee raggiunge quel carattere d'imponenza romana, cui le costruzioni farnesiane tendevano. Attualmente il torrione Farnesiano ospita la sede dell'Associazione Pro Loco, il Museo dei fossili del << Piacenziano >> con un parziale scheletro fossilizzato di una « balena » antidiluviana e il Museo Illichiano, ricca raccolta di cimeli del concittadino Luigi Illica. IL MUSEO DELLA COLLEGIATA L'itinerario di visita si svolge in cinque locali successivi i quali, evitando inversioni di percorso, ospitano i pezzi di notevole interesse storico ed artistico, distribuiti nella triplice categoria di arredi ed oggetti sacri, materiale lapidario, ricca quadreria. Dall'atrio semplice, in cui fa spicco il ritratto ad olio di Don Enrico Cagnoni, il benemerito restauratore della Collegiata, con le tele raffiguranti Ranuccio Farnese, il Cardinale Sforza e oggetti in legno del XV e XVII secolo, si accede alla sala degli arredi ed oggetti di culto, fra i quali meritano particolare menzione: - una croce astile, pregevole ed ammirata opera di cesello del secolo XV, innestata su base a tempietto ottagonale dell'anno 1540, eseguita dall'orafo bergamasco Bartolomeo Zucconi. - Sei candelabri e relative cartegloria in argento, donati nel 1749, in occasione dell'elevazione ad oratorio ducale della Chiesetta di Santo Stefano. - Un ostensorio della prima era ambrosiana, pezzo rarissimo dell'epoca. - Un corale pergamenaceo settecentesco, con miniature, su pregevole leggio del secolo XVII. - Un piviale di seta bianca ricamato a rilievi, opera di puro rinascimento del secolo XV. - La singolare mozzetta del Papa Paolo III Farnese, lanciata al popolo festante di Castell'Arquato, durante una sua visita in luogo, nel lontano 1543. - Un settecentesco scanno, reliquari, tronetto per esposizione e cornici in legno del XVI e XVII secolo testimoniano la perizia ed il gusto artistico degli artigiani arquatesi del legno nei secoli passati. Segue una caratteristica loggetta che, alla luce di una grande vetrata, accoglie resti di tombe romane, anfore, urne cinerarie, capitelli, are romane, sarcofahi, mosaici, svariate cornici in cotto di epoche remote, colonnette romaniche, cancelli in ferro battuto del secolo XVII e tre maschere cariatidi di probabile età preistorica. Le numerose opere che costituiscono il prezioso patrimonio di arte pittorica si trovano, a largo respiro, i due sale attigue, delle quali la seconda riserva al gentile visitatore la gradita sorpresa di ammirare i pezzi piú rari e preziosi. Nella prima vasta sala, infatti, tre dipinti di G. Traersi, sormontanti un raro quattrocentesco grosso ariadio di sacrestia, composto nella facciata anteriore i piccole formelle a tarsia, aprono la serie di un pregevole e vasto assortimento di tele attribuite all'abile ennello di Gaspare Landi, Ignazio Eterni, Greco e ad Itri non meno valenti artisti di scuola lombarda, ligusenese ed emiliana. Accedendo alla seconda delle ultime due sale, l'ociio è attratto dalle opere piú pregevoli che compleino la ricca collezione. II rarissimo Palliotto bizantino, opera preziosissima del X secolo, su seta rossa ricamata in oro, raffigurante la cena eucaristica sotto la duplice specie: dono del piacentino patriarca di Aquileia Ottobono rosario De' Feliciani, nell'anno 1315. Opera già esposta alle mostre di Grotta Ferrata, Roma ed Atene. « I funerali di un certosino » opera del ligure Alessandro Magnasco. Uno stupendo « San Francesco in meditazione » attribuito al Caravaggio. Una bella « icona d'altare » del 1502, opera del cremonese Cristoforo Caselli, rappresentante la Natività, sullo sfondo di un pittoresco panorama di Castell'Arquato. Si nota pure la presenza dell'antichissimo ponte sull'Arda, distrutto, nella parte superiore in legno, da un violento incendio sulla fine del XV secolo. Su fondi rosso blu dorati, tra figure di Santi, domina l'immagine della Vergine con Gesù Bambino in uno stupendo polittico dei secolo XV. Opera pregevole di Scuola Emiliana di stile barocco. Restaurato dalla Sovrintendenza alle gallerie di Parma, nel rispetto rigoroso della sua autentica struttura, tramanda ai posteri l'impronta di un'arte lontana pur sempre viva ed apprezzata. L'ARCHIVIO STORICO Nel versante Sud-Est del chiostrino, prospicente il rinnovato Museo, è stato allestito e reso funzionante un importante Archivio Storico con biblioteca e relativa Sala di consultazione e lettura. Sono ivi contenute una ricca serie di documenti nergamenacei datati dall'anno 1120 in poi: vari antifonari in carta e pergamena del XVI e XVII secolo; le opere storiche del Poggiali, dei Campi; gli annali manoscritti del Morandi e del Curati ecc.. Stampe e manoscritti musicali del Secolo XVI e XVII si trovano qui ordinati e catalogati, meritando particolare menzione cinque stampe di cui è stata accertata l'unicità; opere di Melchior De Cremaschis, Orlando di Lasso, Claudio Monteverdi, Luigi Roinci. Già alcuni studenti universitari dei Politecnico di Milano, della Università di Agraria di Piacenza, dell'Istituto Belle Arti di Bologna, della Università di Genova, della Cattolica di Milano, hanno trovato, nei pregevoli documenti di archivio, interessante materiale per la compilazione di tesi di laurea nelle rispettive materie di architetura, arte, giurisprudenza, geografia e pedagogia. IL MUSEO DEI FOSSILI Castell'Arquato è la località più classica e famosa del Terziario superiore d'Europa. I fossili di Castell'Arquato sono già citati nell'opera di LINNEO e LAMARCK e di tutti i grandi paleontologi dell'Ottocento, da BROCCHI a BRONN e COCCONI. Il centro storico è edificato sugli strati sommitali dello stratotipo del Piacenziano, istituito dal famoso teologo svizzero MAYER nel 1857 e tuttora utilizzato dagli stratigrafi di tutto il mondo. Le meravigliose malacofaune fossili sparse nei musei di tutta l'Europa, da Praga a Zurigo, da Parigi a Londra e i numerosi reperti fossili di delfini e balene, hanno creato in due secoli di ricerca paleontologica il mito quanto mai reale ed attuale di Castell'Arquato. Ancora oggi, seguendo le orme di CUVIER e GIGNOUX i geologi e paleontologi del Pliocene di tutta la Terra, dal Giappone alla Nuova Zelanda, vengono in « pellegrinaggio » culturaie a Castell'Arquato. Ma a Castell'Arquato non c'è posto solo per gli specialisti. In uno scenario fantastico di calanchi e dirupi scoscesi, da Monte Falcone a Monte Giogo, dallo Stramonte ai Buco della Balena, in una natura ancora in:egra, il naturalista può seguire strato per strato, conchiglia per conchiglia, 5 milioni di anni di storia della Terra. li Museo locale, situato nel centro storico, in una suggestiva torre dei Cinquecento, è ora in ristrutturazione, ma già fin d'ora visitabile. Esso servirà da base indispensabile non solo per impostare una tutela intelligente del patrimonio paleontologico e geologico del territorio, ma per introdurre il turista nel meraviglioso mondo della geologia e della paleontologia, alla scoperta di un passato così remoto, eppure vivo e parlante. LA CASA DI LUIGI ILLICA Castell'Arquato diede i natali al noto poeta e librettista Luigi Illica, ivi nato nel 1857. Spirito bizzarro, dotato di fervida mente e di un singolare intuito per il teatro, tentò la scena con lavori in prosa, ma più che altro ebbe fama come fecondo librettista e riformatore dell'opera lirica. Numerosi furono i libretti che il poeta scrisse per i maggiori compositori. Vanno citati soprattutto l'Iris, l'Isabeau e le Maschere per Mascagni; Cristoforo Colombo e la Germania per Franchetti; Siberia e Andrea Chénier per Giordano; la Vally per Catalani; Manon Lescaut per Puccini e in collaborazione con Giacosa la Bohème, la Tosca, la Butterfly. Numerosi altri libretti scrisse per diversi maestri compositori. Ospiti di Illica, convennero a Castell'Arquato i piú insigni Maestri del teatro italiano, da Giordano a Puccini, da Franchetti a Mascagni. Quest'ultimo compose in Castell'Arquato la Isabeau. PREMIO INTERNAZIONALE « LUIGI ILLICA Per ricordare degnamente la figura e l'opera di Luigi Illica, Castell'Arquato ha istituito un Premio Internazionale che è oggi considerato « l'oscar della lirica italiana Il premio è conferito a coloro che contribuiscono maggiormente a diffondere le opere scritte sui versi di Illica e a sostenere nel mondo il prestigio della lirica italiana. La consegna viene fatta nel corso di una elevata manifestazione concertistica, che l'Associazione Pro Loco organizza ogni due anni insieme all'Ente Provinciale per il Turismo e l'Amministrazione Comunale. RIEVOCAZIONI STORICHE Tali rievocazioni, basate su documenti autentici reperiti nell'archivio storico, suscitano grande interesse e partecipazione, offrendo alla comunità un valido strumento a favore della cultura popolare. BOTTEGA DELL'INCISIONE Nella loggia dei notari, posta al piano terra del trecentesco palazzo comunale, è stata aperta recentemente una bottega dell'incisione fondata dal prof. Ettore Brighenti, nella quale trova sede una mostra permanente di grafica istituita dalla Associazione Pro-Loco con una quarantina dì opere esposte dei maggiori artisti del settore.
GASTRONOMIA Vini: i due vini locali Gutturnio e Monterosso sono stati i primi ad essere inseriti nell'elenco dei vini italiani pregiati e poi riconosciuti a denominazione di o;-igine controllata (DOC). Piatti e salumi: tra i salumi la coppa, il salame cotto e crudo, il culatello; tra le minestre: gli anolini di Castell'Arquato, pisarei e fasò, tortelli; tra le pietanze: gli stracotti, gli arrosti misti, coppa arrosto. |
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