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BREVI CENNI STORICI

Questa pittoresca borgata, che sorge sulla sinistra del torrente Arda, aggrappata su di una amena collina delle ultime propaggini dell'Appennino verso la pianura padana, ha origini assai remote. La sua singolare posi­zione geografica ha reso la località un efficace baluar­do di offesa e di difesa naturale per la intera vallata che ha subito non pochi assalti bellici durante il suo lungo passato.  Ebbe forse anche una vita preistorica come remoto villaggio dei primitivi popoli liguri, per quanto finora non se ne siano trovate tracce. Si vuole però che nel II secolo prima di Cr., già un cavaliere romano, certo Caio Torquato, ne avesse preso possesso ponendovi un fortilizio e dando origine cosí alla denominazione del luogo chiamato « Castel Torquato » il che avrebbe generato poi, per mutazione fonica, l'attuale « Castell'Arquato ».  Altri però, piúù logicamente, deriverebbero la deno­minazione dalla struttura quadrata del Castello ivi esistente, cosicché dalla indicazione di « Castel Qua­drato », ne sarebbe derivato l'odierno « Castell'Arquato ».  Comunque le cronache piacentine fanno cenno del­la sua esistenza fin dal 566: nel 772 la località viene donata al Vescovo di Piacenza da certo Magno, che ne era padrone e signore, con l'onere di fornire alla chiesa, già allora esistente, l'olio benedetto del gio­vedí santo.

Rimasero a lungo signori della località i Vescovi di Piacenza, finché, sorto il Comune, il Vescovo Vice­domino ne vende il possesso alla Comunità nell'an­no 1220.   Dopo un cinquantennio di libertà politica, il borgo cade nelle mani del Capitano del Popolo Alberto Sco­to e, vinto questi da Gian Galeazzo Visconti, passa alla Signoria Viscontea che lo tiene in alternanza con il Comune di Piacenza, Manfredo Landi, Bartolomeo Borromei e Ottone Terzi.  Della Signoria dei Visconti Filippo Maria è l'ultimo dominatore; gli subentrano gli Sforza. Alla morte del Duca Francesco, avvenuta nel 1466, la moglie Bianca infeuda in Castell'Arquato il cognato Bosio Sforza degli Attendolo, Conte di Cotignola a di Santa Fiora.  La storia del borgo, dal secolo XV sino alla Unità d'Italia, vede così alternarsi il dominio degli Sforza di Milano, degli Sforza di Santa Fiora, che ebbero a porre Castell'Arquato sotto la giurisdizione della Casa ducale Farnesiana, e infine della Camera ducale par­mense, attraverso un susseguirsi di vicende politiche e militari delle quali furono protagonisti insigni Ca­pitani d'arme; tra questi sono da ricordare Niccolò Piccinino, il Bracceschi, Bartolomeo Colleoni, Tiberto Brandolino da Forlí e Sforza Sforza, del quale si con­serva, in !uogo, nel piccolo Museo della Collegiata, il monumento sepolcrale e che fu valoroso uomo darmi, insignito de! Toson d'oro alla Corte di Francia.  Gli succede il Cardinal Francesco, quindi Alessan­dro duca di Segni, Sforza duca di Santa Fiora, Mario. Lodovico, Francesco Sforza.  Nel secolo XVIII, con la morte di Eleonora, Castell'Arquato passa alla Camera ducale parmense, sotto la quale rimane fino all'Unità d'Italia.

LA BORGATA

Castell'Arquato si presenta con il caratteristico aspetto di un paese umbro. E' stato giustamente chia­mato « l'Assisi dell'Emilia ». Le sue antiche casette, molte ancora di struttura medioevale, le stradine tor­tuose che si arrampicano dal basso verso la piazzetta culminante, ricoprono le pendici di questo singolare colle, affiorato per compressione geologica, e costitui­to da remotissime stratificazioni del periodo terziario, formate da estesi giacimenti marini di conchiglie fos­sili, quando ancora l'attuale mare Adriatico invadeva tutta la pianura padana.  La parte bassa ha caratteri moderni, con alberghi, con un accogliente grande viale alberato, con un am­pio e un poco invadente edificio scolastico, vasti piaz­zali, un piccolo verde parco, entro il quale è posto uno spiazzo per balli e manifestazioni.

Lungo Viale della Rimembranza vi sono anche alcune fonti di ac­qua salutare e solforata.  Particolarmente interessante però, è la Piazzetta alta della Rocca, riquadrata da una suggestiva Basili­ca romanica, dalla turrita Rocca con l'imponente mas­siccio torrione principale che si eleva maestoso sulle diroccate mura intorno, evidente testimonianza delle dure e continue lotte subite; con il Palazzo del Pode­stà che assomma l'opera di due secoli, il cui corpo principale risale al sec. XIII e la cui scala esterna e gli avancorpi aggiunti sono dei secolo successivo.  Si arriva alla Piazzetta della Rocca, dalla strada prin­cipale, rotabile, passando da un portale seicentesco, adattato su di una antica porta dai bordo fortificato.  La strada s'inerpica tortuosa, stagliando vicoletti che attestano la loro fisionomia medioevale.  A circa metà salita, uno spiazzo offre una suggesti­va nota romantica con il Castello Stradivari, che sor­monta la strada e dà il passo attraverso un portale a pieno sesto. Più oltre, all'ultima svolta, a destra, si trova la casa natale del poeta e librettista Luigi Illica.  Altra pittoresca stradetta lastricata e solo pedo­nale, a levante, conduce all'alto borgo, affiancandosi e inerpicandosi lungo il piccolo parco. Sulla destra si eleva imponente il curioso Torrione Farnesiano e, un poco più nell'interno, si trova il quattrocentesco pa­lazzotto del Duca, con eleganti fregiature in cotto in­torno alle finestre, e, sotto un grande arcone, la Fon­tana del Duca a bocche multiple.

Quasi al culmine di questa stradetta un piccolo belvedere dà modo di ammirare un vasto panorama suggestivo della vallata del torrente Arda con la bel­la corona di monti che la recingono.  La caratteristica ultima rampa acciottolata apre, al­la sommità, lo scenario della Piazzetta della Rocca.  Verso sud, la strada rotabile s'interna nella parte alta del borqo per dividersi in due direzioni: a destra. sale verso il vasto cimitero ove domina la tomba del poeta Luigi Illica; a sinistra, scende verso la strada provinciale per Lugagnano, passando sotto la salda e medioevale Porta di Sasso, nelle cui adiacenze vi sono ancora avanzi delle antiche mura di difesa. Altri ruderi di queste fortificazioni si trovano pure nei pressi del Cimitero.  Nelle casette che costituiscono il borgo, si trovano sovente frammenti decorativi in cotto, archi a tutto sesto di porte, finestrelle a sesto acuto, ecc., chiara documentazione dell'origine medioevale di queste co­struzioni.

LA BASILICA ROMANICA

L'antica basilica che nella pittoresca parte absidale inquadra la Piazza della Rocca, è un non comune sag­gio di architettura romanica dell'inizio del 1000.  Rivestita all'esterno di masselli di arenaria marina dal caratteristico colorito giallo-verdastro, punteggiati di conchiglie fossili, sembra uno scrigno di oro vec­chio e patinato. Le sue linee architettoniche sono sem­plici, salde e grevi, rispondenti ai canoni stilistici del­l'epoca. La prima data certa della costruzione risale al 758, sapendosi che certo Magno, Signore del luogo, provvide alla costruzione della Chiesa, dedicandola all'Assunta. La facciata semplice e solenne rivolta a sud è tutta di conci di tufo maricolo con incrostazioni di conchi­glie. E' divisa in tre scomparti da lesene. In alto, si aprono solo una piccola bifora e una sottocuspide, a forma di finestrella a croce. Dal lato verso il Comune venne costruito nel XIV Secolo un porticato, detto << paradiso », dove forse avevano sepoltura personag­gi distinti. Dell'esistenza di questo avancorpo si han­no notizie da un lascito del 1361. Vi si accede da due scale, l'una dalla piazzetta della Rocca, l'altra dalla piazzetta della Podesteria. Quest'ultima immette alla porta di accesso alla basilica dal lato a ponente e si adorna di un artistico e pregevole portale del 1200.  L'architrave è sorretto da due rozze cariatidi, forse le consuete figurazioni dell'avarizia e della usura. La lunetta superiore raffigura la Madonna col Bambino, S. Pietro e un angelo.

Sul lato occidentale, con appoggio sulla laterale ab­sidiola di sinistra, si eleva la quadrata e salda torre, la cui costruzione risale al secolo XIV, epoca in cui Luchino Visconti, per la sicurezza della Rocca, ordinò la demolizione della originaria Torre esistente sul lato orientale della Collegiata, in prossimità della Rocca stessa.  II fianco, a levante, è nascosto da diverse case ad­dossate al tempio e costituenti, in parte, gli edifici della Collegiata. Per altro è di rimarco la graziosa log­getta di S. Giovanni, opera del sec. XIV e che dà ac­cesso alla basilica dal lato est.  L'interno è costituito da tre navate, con sette ro­buste colonne per parte, costruite con masselli di arenaria del luogo e sormontate da curiosi e interessanti capitelli a dardo, con fregi e grottesche figure scolpite ad arabeschi di sapore bizantino.  Affiancata alla navata di destra, si trova la caratteri­stica cappelletta di fattura assai remota, con ivi col­locata la grande vasca circolare scavata rudimental­mente in un solo blocco di tufo, del diametro di 2 m. Serviva per il battesimo per immersione e certamente apparteneva alla primitiva chiesa del sec. VII. Alle pa­reti affiorano alcuni affreschi, tra i quali la rarissima figurazione della « Trinità » rappresentata dalle tre fi­gure di Cristo, affiancate.

A lato della navata di destra si trova aggiunta un'al­tra ampia Cappella, costruita nel 1630, decorata con stucchi e dipinti barocchi. Due quadri laterali sono del pittore piacentino Giacomo Guidotti e raffigurano lo « Sposalizio di Maria » e la « Natività ». La pala del­l'altare rappresenta la « Sacra Famiglia ». L'altare e la balaustra sono in marmi preziosi.  Assai piú interessante l'altra Cappella aggiunta al­la navata di destra, fatta costruire verso la metà del 1300 da Tiberto Brandolino, signore di Castell'Arquato e dedicata a S. Caterina di Alessandria. E' tutta affre­scata, con figurazioni riguardanti il ciclo della Pas­sione e nel centro, che è la parte migliore, le esequie della Vergine e la sua gloria. I dipinti, riscoperti sotto l'intonaco, vennero restaurati dal Prof. G. Fei del Brera.  Nella cappella è collocata una piccola vasca batte­simale di marmo rosso, opera originale dell'antica Dalmazia. Il coperchio di bronzo è opera recente.

IL CHIOSTRINO

Dalla piazzetta antistante la facciata principale, a Sud, si accede al suggestivo chiostrino della Colle­giata, affascinante cantuccio di mistica poesia, fatto erigere da Alberto Scoto nell'anno 1300, come ne fa testimonianza lo stemma della Casa Scotti scolpito su di una colonna.

Capitelli, monofore, conci e formelle antelamiche, costituenti queste ultime l'antico ambone della insi­gne Collegiata, sparsi qua e là, danno al già sugge­stivo chiostrino un tono di austerità, annunciando nel­lo stesso tempo al visitatore l'anticamera del ricco Museo che da poco tempo vi ha trovato la sua nuova sede.

IL PALAZZO DEL PODESTA'

Sul lato di ponente, chiude la Piazzetta della Rocca il Palazzo del Podestà, mastio rettangolare con la cu­riosa torre pentagona. Venne costruito sotto il pode­stà Pietro De' Spettini al tempo del feudo di Alberto Scoto e precisamente nell'anno 1293. La salda costru­zione è dotata, al primo piano, d'un ampio salone, che conserva ancora un soffitto autentico con decorazio­ni dell'epoca, e che attualmente serve come sala Consiliare del Comune. Una lapide, in detto salone, ri­corda il dominio del Capitano Alberto Scoto. Al se­condo piano, un altro vasto locale serve da Archivio del Comune. Si aggiungono a questa costruzione prin­cipale tre avancorpi: quello piú caratteristico è la dop­pia loggia addossata a sud-ovest, avanti all'aula del­l'antica sala dove si esercitava la giustizia. Questa parte, che porta ancora lo stemma visconteo, risale a qualche anno precedente al 1447.  Le altre aggiunte, verso la parte frontale est, sono costituite dalla scala esterna coperta e da altri avan­corpi, di cui il maggiore con loggiato superiore.  I fregi in cotto intorno alle finestre a sesto acuto sono del tardo trecento. Comunque il complesso di questo edificio costituisce un insieme assai suggesti­vo e attesta la potenza medioevale della comunità.  Sul fronte dell'avancorpo centrale era stata affre­scata la truce scena del Costerbosa, traditore del Car­dinale Sforza, condannato a morire con la testa in giú e la cui sorella Laura ottenne poi di far cancellare la orrenda scena, sostituendola pietosamente con un nuo­vo affresco raffigurante il Crocifisso tra la Madonna e la Maddalena. Nell'insieme, la costruzione, legata in rapporto di­namico con la parte absidale della Basilica, presenta effetti scenografici rilevanti.

LA ROCCA VISCONTEA

Di fronte al Palazzo del Podestà, a levante della piazzetta, si innalzano le torri della diroccata Rocca Viscontea.  Venne costruita nel 1343 dal Comune di Piacenza, quasi certamente sulle fondamenta di un altro forti­lizio preesistente e forse sulla traccia del romano << castrum », diroccato da scontri bellici e dal famoso terremoto del 1117. La Rocca si eleva imponente, a strapiombo sul torrente Arda, e costituisce un baluardo bellico dì particolare interesse. La storia di questo maniero richiama i nomi famosi di Alberto Scoto, di Galeazzo e Luchino Visconti, di Niccolò Piccinino, di Rosso da S. Secondo, di Bosio Sforza e di altri valo­rosi capitani che fecero di questa fortificazione il punto saldo della loro potenza.

Luchino Visconti nel 1347 vi fa elevare alto, mas­siccio, maestoso il dongione, che ancora si è conser­vato. La Rocca era circondata da tre parti da un pro­fondo fossato, scavalcato da tre ponti levatoi dei quali il principale, verso la piazza, lascia qualche traccia, con le incavature delle catene di sollevamento e con il portale di accesso.  La parte interna, purtroppo, è quasi completamente rovinata. Rimangono ancora tracce di salde volte, di ripiani adattati alla sottostante configurazione della roccia; ma è difficile poterne immaginare la precisa struttura, che per altro doveva essere assai interes­sante, specialmente per la sua esclusiva funzione di baluardo bellico. La Rocca era collegata con le mura che recingevano tutto attorno il borgo.  Negli ultimi tempi sono stati eseguiti lavori di re­stauro al complesso ed è stato ripristinato il fossato primitivo con il ponte levatoio.

IL PALAZZO DUCALE

Nella parte più bassa di Castell'Arquato, si trova il Palazzo dei Duchi, purtroppo assai manomesso. Le parti antiche rimaste attestano tre epoche distinte. La parte centrale costituiva il Palazzo di Giustizia edifi­cato da Alberto Scoto nel 1292; la parte soprastante la fontana è opera dei primi Sforza; il resto, segna tempi posteriori. A levante si affonda il « Fontanone dei Duca » sotto un grande arco a tutto sesto. con di­verse cannelle per getto d'acqua. La costruzione risale all'epoca del Podestà Tedizio De Spettini e precisa­mente al 1292, come testimoniano una iscrizione e gli stemmi. Su questo fronte si ammirano alcune finestre a se­sto acuto dalle eleganti decorazioni in cotto. Oppor­tuni restauri potrebbero ridonare dignità almeno esterna a questo storico edificio che.certamente era sor­montato anche da merlature.

IL TORRIONE FARNESIANO

Poco discosto si eleva imponente la costruzione biz­zarra di un grande torrione quadrato a pareti conca­ve. Doveva certamente servire da magazzino di vet­tovaglie durante il dominio farnesiano. La sua costru­zione si aggira sulla fine del 1500. Il torrione era col­legato da un passaggio diretto con il Palazzo del Duca. La curiosa e ardita costruzione, che indubbbiamente aveva anche funzioni di fortilizio di difesa, costitui­sce un tipico esempio architettonico pre-seicentesco.  Non manca di arditezza e di slancio; attraverso le singolari incavature terminate a pieno sesto nelle pa­reti esterne e pure nella semplicità delle linee rag­giunge quel carattere d'imponenza romana, cui le co­struzioni farnesiane tendevano.   Attualmente il torrione Farnesiano ospita la sede dell'Associazione Pro Loco, il Museo dei fossili del << Piacenziano >> con un parziale scheletro fossilizzato di una « balena » antidiluviana e il Museo Illichiano, ricca raccolta di cimeli del concittadino Luigi Illica.

IL MUSEO DELLA COLLEGIATA

L'itinerario di visita si svolge in cinque locali suc­cessivi i quali, evitando inversioni di percorso, ospi­tano i pezzi di notevole interesse storico ed artistico, distribuiti nella triplice categoria di arredi ed oggetti sacri, materiale lapidario, ricca quadreria.   Dall'atrio semplice, in cui fa spicco il ritratto ad olio di Don Enrico Cagnoni, il benemerito restauratore della Collegiata, con le tele raffiguranti Ranuccio Far­nese, il Cardinale Sforza e oggetti in legno del XV e XVII secolo, si accede alla sala degli arredi ed oggetti di culto, fra i quali meritano particolare menzione:

- una croce astile, pregevole ed ammirata opera di cesello del secolo XV, innestata su base a tem­pietto ottagonale dell'anno 1540, eseguita dall'ora­fo bergamasco Bartolomeo Zucconi.

- Sei candelabri e relative cartegloria in argento, donati nel 1749, in occasione dell'elevazione ad ora­torio ducale della Chiesetta di Santo Stefano.

- Un ostensorio della prima era ambrosiana, pezzo rarissimo dell'epoca.

- Un corale pergamenaceo settecentesco, con minia­ture, su pregevole leggio del secolo XVII.

- Un piviale di seta bianca ricamato a rilievi, opera di puro rinascimento del secolo XV.

- La singolare mozzetta del Papa Paolo III Farnese, lanciata al popolo festante di Castell'Arquato, du­rante una sua visita in luogo, nel lontano 1543.

- Un settecentesco scanno, reliquari, tronetto per esposizione e cornici in legno del XVI e XVII se­colo testimoniano la perizia ed il gusto artistico degli artigiani arquatesi del legno nei secoli pas­sati.

Segue una caratteristica loggetta che, alla luce di una grande vetrata, accoglie resti di tombe romane, anfore, urne cinerarie, capitelli, are romane, sarcofa­hi, mosaici, svariate cornici in cotto di epoche re­mote, colonnette romaniche, cancelli in ferro battuto del secolo XVII e tre maschere cariatidi di probabile età preistorica.  Le numerose opere che costituiscono il prezioso pa­trimonio di arte pittorica si trovano, a largo respiro, i due sale attigue, delle quali la seconda riserva al gentile visitatore la gradita sorpresa di ammirare i pezzi piú rari e preziosi.  Nella prima vasta sala, infatti, tre dipinti di G. Tra­ersi, sormontanti un raro quattrocentesco grosso ar­iadio di sacrestia, composto nella facciata anteriore i piccole formelle a tarsia, aprono la serie di un preg­evole e vasto assortimento di tele attribuite all'abile ennello di Gaspare Landi, Ignazio Eterni, Greco e ad Itri non meno valenti artisti di scuola lombarda, ligu­senese ed emiliana.   Accedendo alla seconda delle ultime due sale, l'oc­iio è attratto dalle opere piú pregevoli che comple­ino la ricca collezione.   II rarissimo Palliotto bizantino, opera preziosissima del X secolo, su seta rossa ricamata in oro, raffigurante la cena eucaristica sotto la duplice specie: dono del piacentino patriarca di Aquileia Ottobono rosario De' Feliciani, nell'anno 1315. Opera già esposta alle mostre di Grotta Ferrata, Roma ed Atene.  « I funerali di un certosino » opera del ligure Ales­sandro Magnasco.  Uno stupendo « San Francesco in meditazione » at­tribuito al Caravaggio.   Una bella « icona d'altare » del 1502, opera del cre­monese Cristoforo Caselli, rappresentante la Nativi­tà, sullo sfondo di un pittoresco panorama di Castell'Arquato. Si nota pure la presenza dell'antichissimo ponte sull'Arda, distrutto, nella parte superiore in le­gno, da un violento incendio sulla fine del XV secolo.   Su fondi rosso blu dorati, tra figure di Santi, domina l'immagine della Vergine con Gesù Bambino in uno stupendo polittico dei secolo XV. Opera pregevole di Scuola Emiliana di stile barocco. Restaurato dalla So­vrintendenza alle gallerie di Parma, nel rispetto rigo­roso della sua autentica struttura, tramanda ai posteri l'impronta di un'arte lontana pur sempre viva ed ap­prezzata.

L'ARCHIVIO STORICO

Nel versante Sud-Est del chiostrino, prospicente il rinnovato Museo, è stato allestito e reso funzionante un importante Archivio Storico con biblioteca e rela­tiva Sala di consultazione e lettura.  Sono ivi contenute una ricca serie di documenti nergamenacei datati dall'anno 1120 in poi: vari anti­fonari in carta e pergamena del XVI e XVII secolo; le opere storiche del Poggiali, dei Campi; gli annali ma­noscritti del Morandi e del Curati ecc..  Stampe e manoscritti musicali del Secolo XVI e XVII si trovano qui ordinati e catalogati, meritando particolare menzione cinque stampe di cui è stata ac­certata l'unicità; opere di Melchior De Cremaschis, Orlando di Lasso, Claudio Monteverdi, Luigi Roinci.  Già alcuni studenti universitari dei Politecnico di Milano, della Università di Agraria di Piacenza, del­l'Istituto Belle Arti di Bologna, della Università di Ge­nova, della Cattolica di Milano, hanno trovato, nei pre­gevoli documenti di archivio, interessante materiale per la compilazione di tesi di laurea nelle rispettive materie di architetura, arte, giurisprudenza, geogra­fia e pedagogia.

IL MUSEO DEI FOSSILI

Castell'Arquato è la località più classica e famosa del Terziario superiore d'Europa. I fossili di Castell'Arquato sono già citati nell'opera di LINNEO e LA­MARCK e di tutti i grandi paleontologi dell'Ottocent­o,  da  BROCCHI a BRONN  e COCCONI.   Il centro storico è edificato sugli strati sommitali dello stratotipo del Piacenziano, istituito dal famoso teologo svizzero MAYER nel 1857 e tuttora utilizzato dagli stratigrafi di tutto il mondo. Le meravigliose malacofaune fossili sparse nei musei di tutta l'Europa, da Praga a Zurigo, da Parigi a Londra e i numerosi reperti fossili di delfini e balene, hanno creato in due secoli di ricerca paleontologica il mito quanto mai reale ed attuale di Castell'Arquato. Ancora oggi, se­guendo le orme di CUVIER e GIGNOUX i geologi e paleontologi del Pliocene di tutta la Terra, dal Giap­pone alla Nuova Zelanda, vengono in « pellegrinaggio » culturaie a Castell'Arquato.  Ma a Castell'Arquato non c'è posto solo per gli spe­cialisti. In uno scenario fantastico di calanchi e dirupi scoscesi, da Monte Falcone a Monte Giogo, dallo Stra­monte ai Buco della Balena, in una natura ancora in­:egra, il naturalista può seguire strato per strato, con­chiglia per conchiglia, 5 milioni di anni di storia della Terra. li Museo locale, situato nel centro storico, in una suggestiva torre dei Cinquecento, è ora in ristrut­turazione, ma già fin d'ora visitabile. Esso servirà da base indispensabile non solo per impostare una tutela intelligente del patrimonio paleontologico e geologico del territorio, ma per introdurre il turista nel meravi­glioso mondo della geologia e della paleontologia, alla scoperta di un passato così remoto, eppure vivo e par­lante.

LA CASA DI LUIGI ILLICA

Castell'Arquato diede i natali al noto poeta e li­brettista Luigi Illica, ivi nato nel 1857. Spirito bizzarro, dotato di fervida mente e di un singolare intuito per il teatro, tentò la scena con lavori in prosa, ma più che altro ebbe fama come fecondo librettista e rifor­matore dell'opera lirica. Numerosi furono i libretti che il poeta scrisse per i maggiori compositori. Vanno citati soprattutto l'Iris, l'Isabeau e le Maschere per Mascagni; Cristoforo Colombo e la Germania per Fran­chetti; Siberia e Andrea Chénier per Giordano; la Vally per Catalani; Manon Lescaut per Puccini e in collaborazione con Giacosa la Bohème, la Tosca, la Butterfly. Numerosi altri libretti scrisse per diversi maestri compositori.  Ospiti di Illica, convennero a Castell'Arquato i piú insigni Maestri del teatro italiano, da Giordano a Puc­cini, da Franchetti a Mascagni. Quest'ultimo compose in Castell'Arquato la Isabeau.

PREMIO INTERNAZIONALE « LUIGI ILLICA

Per ricordare degnamente la figura e l'opera di Lui­gi Illica, Castell'Arquato ha istituito un Premio Inter­nazionale che è oggi considerato « l'oscar della liri­ca italiana  Il premio è conferito a coloro che contribuiscono maggiormente a diffondere le opere scritte sui versi di Illica e a sostenere nel mondo il prestigio della lirica italiana.  La consegna viene fatta nel corso di una elevata manifestazione concertistica, che l'Associazione Pro Loco organizza ogni due anni insieme all'Ente Provin­ciale per il Turismo e l'Amministrazione Comunale.

RIEVOCAZIONI STORICHE

Tali rievocazioni, basate su documenti autentici re­periti nell'archivio storico, suscitano grande interesse e partecipazione, offrendo alla comunità un valido strumento a favore della cultura popolare.

BOTTEGA DELL'INCISIONE

Nella loggia dei notari, posta al piano terra del tre­centesco palazzo comunale, è stata aperta recente­mente una bottega dell'incisione fondata dal prof. Etto­re Brighenti, nella quale trova sede una mostra perma­nente di grafica istituita dalla Associazione Pro-Loco con una quarantina dì opere esposte dei maggiori ar­tisti del settore.

ARTIGIANATO TIPICO

- Esposizione permanente dei lavori artistici in fer­ro battuto, allestita in locale quattrocentesco po­sto nella piazza della Rocca. con vendita di sou­venirs ed oggetti in legno.

- Bottega dell'artigianato del ferro battuto con ven­dita, posta in Via Pontenuovo.

- Mostra permanente di mobili e antiquariato nel salone del cinema pure con vendita.

GASTRONOMIA

Vini: i due vini locali Gutturnio e Monterosso sono stati i primi ad essere inseriti nell'elenco dei vini ita­liani pregiati e poi riconosciuti a denominazione di o;-igine controllata (DOC).

Piatti e salumi: tra i salumi la coppa, il salame cotto e crudo, il culatello; tra le minestre: gli anolini di Castell'Arquato, pisarei e fasò, tortelli; tra le pietanze: gli stracotti, gli arrosti misti, coppa arrosto.

 

LA BUCA Società Agricola - Loc. Costa Negri 11, 29014 Castell'Arquato PC.

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